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Padre Pio, il Santo dei Miracoli

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Padre Pio: Sappi figlia mia che chiunque verrà’ da te quando non ci sarò’ più sarò’ io stesso a mandartela . La storia di Irene Gaeta, 71 anni, figlia spirituale di Padre Pio. Si incontrano nel 1946 quando il Padre in bilocazione visita la bambina, che allora ha solo nove anni. Le bilocazioni sono durate undici anni, dal 1946 al 1957. Nel 1960, Irene incontra a San Giovanni Rotondo, per la prima volta, il Padre stigmatizzato. 

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Da quell’incontro inizieranno i suoi successivi frequenti contatti con lui. Verrà così a delinearsi il progetto che S. Pio le affiderà, quello, cioè, di dare vita ad una intensa attività di preghiera e di adorazione eucaristica e di farsi promotrice di opere di carità. Irene racconta queste esperienze con la stessa tranquillità e sicurezza con cui descrive ciò che ha fatto ieri mattina.

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E chi fosse preso da qualche dubbio sul suo equilibrio mentale sappia che si tratta di una donna normalissima, che ha fondato l’Associazione «Discepoli di Padre Pio» riconosciuta ufficialmente dal Vicariato della diocesi di Roma, che lavora in parrocchia e che non fa un passo senza il consenso dell’autorità ecclesiastica. Presidente dell’Associazione “I Discepoli di Padre Pio” è don Giovanni D’Ercole, capo ufficio della Segreteria di Stato.

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1) «Padre Pio ha segnato la mia vita da quando avevo otto anni» di Andrea Tornielli

2) A Drapia la cittadella di Padre Pio

3) L’Associazione “I discepoli di Padre Pio”

«Padre Pio ha segnato la mia vita da quando avevo otto anni»

di Andrea Tornielli

La sua vita è stata sconvolta da Padre Pio, che le «appare» da quando aveva otto anni. È stato lui a dirle che lavoro fare, lui a sceglierle il marito, lui a farle iniziare un’opera colossale e costosa. Irene Gaeta, 71 anni, vive a Vitinia, frazione di Roma sulla via del mare e almeno una volta al mese viene a San Giovanni Rotondo. Anche ieri era qui, pronta a sfilare davanti all’urna di cristallo che racchiude le spoglie del santo con le stimmate.

«Era il 1946, avevo otto anni, vivevo con i miei a Castelporziano, mio padre era un impiegato del Quirinale – racconta la signora – avevo fatto da poco la prima comunione. Una sera entrando in camera mia la trovai inondata di luce. Vidi un frate che mi benediceva con l’ostensorio. 

Il suo sguardo tagliente mi ha penetrato l’anima. Gli domandai chi fosse e lui rispose: “Padre Pio da Pietrelcina”. Ripetei altre due volte la domanda e infine, la terza volta, mi disse: “Sono un frate che prega, un giorno mi conoscerai”». Irene racconta queste esperienze con la stessa tranquillità e sicurezza con cui descrive ciò che ha fatto ieri mattina. 

E chi fosse preso da qualche dubbio sul suo equilibrio mentale sappia che si tratta di una donna normalissima, che ha fondato l’opera «Discepoli di Padre Pio» riconosciuta ufficialmente dal Vicariato della diocesi di Roma, che lavora in parrocchia e che non fa un passo senza il consenso del vescovo del luogo.

«Quel giorno Padre Pio mi disse che mi sarebbe stato sempre vicino, che mi avrebbe protetta – racconta -. Soltanto nel 1957 vidi per la prima volta una foto del frate stimmatizzato di San Giovanni Rotondo, e mi resi conto solo allora che era lo stesso che vedevo io. Padre Pio mi è apparso tantissime volte, per affidarmi delle missioni: dovevo proteggere delle persone, aiutare una mamma in difficoltà i cui figli rischiavano di morire dal freddo, portare conforto. 

Era lui a indicarmi cosa fare, come, dove e quando. Un giorno mi disse: “Ti condurrò all’apice dell’alta aristocrazia perché tu possa capire come sono miseri e poveri di spirito”. Aprii una sartoria in via Frattina a Roma, “Irene Alta Moda” e venni in contatto con le grandi famiglie romane. Un lavoro che mi ha permesso di aiutare tante famiglie in difficoltà e tante prostitute che volevano cambiare vita».

La misteriosa «regia» esercitata dal santo sulla vita della donna non si limita a questo. «Il 29 marzo 1966, durante un pellegrinaggio, mentre assistevo alla messa celebrata da Padre Pio, avvertii la sua voce che mi diceva: “Alzati vattene a pigliá quello che dorme e portamelo a confessare”. Mi fece vedere un pullman di colore azzurro. Uscita di chiesa, feci tre chilometri a piedi, fino all’inizio del paese. C’erano dei pullman, dentro uno vidi un giovane che dormiva. Gli dissi di andarsi a confessare, e lui: “Io? Sono comunista! Non vado a confessarmi”. Lo seguii, lo incontrai a Roma, lo aiutai a prepararsi alla confessione. Lui si era invaghito di me, ma io volevo farmi suora francescana. Ma Padre Pio mi disse: “Sposati per adempiere alla volontà di Dio, benedico il tuo matrimonio”. E così è stato».

Irene Gaeta è in grado di raccontare centinaia di grazie e presunti miracoli che hanno per protagonista il santo frate. Ancora oggi lei continua a ricevere innumerevoli segnalazioni e richieste, che puntualmente trasferisce nella preghiera a quel burbero frate che ha «visto» fin da bambina e con il quale ha continuato ad avere uno specialissimo legame. «Quattro anni fa mi

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