Una mutazione importante del coronavirus potrebbe averlo reso più resistente alle principali misure di prevenzione. E l’allarme è arrivato da uno studio realizzato da alcuni ricercatori statunitensi, che hanno rilevato una mutazione a partire dalla proteina ‘spike‘.
Esternamente preoccupato della scoperta è David Morens, virologo del National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID) e collaboratore di Anthony Fauci: «Se ci saranno conferme, tutto questo potrebbe avere implicazioni importanti sulla nostra capacità di controllare il virus».
I ceppi di coronavirus differiscono da quello originale emerso in Cina a fine 2019. Presentano infatti una mutazione specifica a livello della proteina S (o Spike), che secondo un nuovo studio permetterebbe al coronavirus di infettare più agevolmente le cellule umane. La variante mutata sarebbe inoltre maggiormente trasmissibile e responsabile di una carica virale più elevata nei positivi. A dirlo è un team di ricerca internazionale guidato da scienziati americani del Laboratorio Nazionale di Los Alamos.
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