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Il ricamo dell’anima

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“Il ricamo dell’anima”

Prefazione di Ezio Ercole  Libro di Beppe Valesio Affresco di Vangelo

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L’indimenticabile Paul Claudel, noto per la sua parresia, amava ripetere che il rispetto dei cattolici per la Sacra Scrittura è senza limiti: si manifesta soprattutto con lo starle lontano. Beppe Valesio mostra invece di avere una diuturna frequentazione, almeno con i Vangeli, e lo prova con questo scritto, particolare, curioso ed unico bel suo genere.

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Un approccio apparentemente minimalista, con riflessioni che traggono dai più conosciuti topoi dei quattro Evangeli spunti di pacata e saggia analisi, come potrebbe fare un buon padre, un educatore, un amico a coloro che, in quel momento, stanno loro vicino.

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Con uno scopo però ben preciso: mettere in primo piano una parola molto usata ma poco praticata: il lavoro.

Non tanto nell’accezione corrente, ma nelle varie declinazioni di un “stato dell’essere” che trova nella vita di ogni persona l’opera di Dio, come una sfida continua, un cribro a maglie strette che stilla sapienza. Un percorso iniziatico, di iniziazione cristiana si badi bene!, e quindi alla portata di tutti perchè nulla di quanto è stato svelato dal Figlio può essere nascosto sotto il moggio, dovendo brillare per tutti gli uomini di buona volontà.

Anche l’apparato didascalico del libro si apre immediatamente alla concretezza della successione pensiero-azione o per meglio dire teoria e prassi o, ancora più direttamente, fra il dire e il fare: lì si gioca la prova della nostra Fede, la prova del nove la cui risoluzione farà parte del bagaglio che ci porteremo dopo aver calcato le strade del nostro pellegrinaggio terreno.

La finzione letteraria di domande e risposte aumenta la leggibilità del testo riconducendolo ad una essenzialità che scava la Parola di Dio in modo radicale, portandola alla nostra comprensione senza troppe mediazioni, anche culturali.

Chi può dirsi cristiano, s’interroga l’Autore.

Gesù non propone mielosi buoni propositi, ma la durezza vivificante di una totale adesione alla buona novella: è lavoro, dice Valesio, occorre lavoro per aderire al “Va, vendi quello che hai, distribuiscilo ai poveri e seguimi”; lavoro di preparazione e coaching spirituale che non ha bisogno di altri riferimenti perchè nella vita del Salvatore possiamo trovare le risposte “Tu solo o Cristo hai parole di vita eterna.”

Da far tremare i polsi! Ma Beppe Valesio, in questo e in mille altri esempi, ci aiuta a non scoraggiarci perchè la via stretta è per definizione difficile e perigliosa e non bisogna scoraggiarsi e soprattutto accettare i nostri limiti e le nostre paure.

Il lavoro ( ecco che ritorna…) di Valesio conferma ciò che indicato espressamente dalla Costituzione dogmatica Dei Verbum del 1965: le Sacre Scritture, senza nulla togliere agli studiosi esegeti e teologi, possono avere una interpretazione veridica e vissuta anche dal lettore occasionale, ispirato dall’azione dello Spirito Santo in quello specifico momento e quindi messo nella condizione di essere lui stesso profeta,cantore e facitore dell’azione di Dio.

La metanoia, la conversione passa attraverso un cambiamento di mentalità ed un abbandono alla divina volontà: Valesio ci suggerisce, nella sua umiltà, di non abbracciare grandi cause o irraggiungibili obiettivi ma, prima di tutto, smettere di resistere a Dio.

Infine, come non apprezzare i capitoli quasi in esergo al testo principale: “La vita parallela”aneddoti
di vita vissuta descritti con gli occhi da bambino, nel ricordo, spesso struggente, di una età passata che però ha avuto il merito di ancorare l’Autore a principi forti, irrinunciabili, non barattabili in una epoca di prorompente mercimonio.

Non una regressione ad un mitico stato di natura ideale, ma la consapevolezza di possedere un tesoro che nulla e nessuno ci potrà togliere: solo la nostra cecità e sordità, spesso inconsapevolmente aperte solamente a visioni e rumori sulfurei, ci potrà distogliere da questa saggezza.

Beppe Valesio ci ha fornito un antidoto.

EZIO ERCOLE

Breve estratto dal libro “Il ricamo dell’anima”

Di,Beppe Valesio

La Bibbia è un libro di Sapienza Sacra.

Anzi, è Il Libro per eccellenza.

Contiene la Parola di Dio, unica, immutabile ed eterna.

Oggettiva come può esserlo ciò che è divino.

Quindi non ha limiti, né di tempo né di spazio né di profondità.

E parla a tutti, in modo soggettivo ed oggettivo insieme, cioè ad ognuno secondo la propria comprensione, indicando lo sviluppo del proprio lavoro a chi lo vuole vedere ….
….Domanda- Quindi la prima grande indicazione di come lavorare è: conversione, calma, abbandono.

Ma ci rendiamo conto che queste oggi suonano quasi bestemmie? Bisogna essere frenetici, andare dove conviene, e mai abbandonare il miraggio, il sogno….

Di conversione si parla moltissimo nel Nuovo Testamento.

Ma anche nel Vecchio Testamento. Il profeta Isaia usa questo termine associato ad un altro: la calma.

Ma evidentemente prima viene la conversione.

Letteralmente significa “mutamento radicale e profondo di vita, comportamenti ed opinioni”.

Di solito lo usiamo per “inversione di direzione”.

Bè, questa è già parte della conversione.

Per esempio se prima la direzione della propria vita correva verso l’esterno di sè, e poi si inverte direzione e si va verso l’interno di sè, verso gli aspetti più intimi ed a volte sconosciuti, questa risponde in parte al suo significato.

Ma solo in parte, perché il significato è molto più profondo.

Cosa fece S.Paolo dopo l’incontro con Cristo? Smise di essere quello che era, e diventò un altro.

Mutamento radicale e profondo di tutto se stesso, Completo: idee sentimenti azioni scelte.

Questa è la conversione.

Come ovunque, ci sono vari livelli di conversione.

S.Paolo rappresenta il massimo.

L’obiettivo delle parabole è quello di portare l’individuo a desiderare, a sentire il bisogno della conversione.

Inversione di direzione, dall’esterno verso l’interno, e poi cambiamento di modo di pensare, modo di provare sentimenti, modo di agire.

Cambiare modo di pensare e non solo cambiare pensiero.

Lo dice anche l’apostolo Paolo: “Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto. (Rm, 12-2)” Perché cambiare modo di pensare? Perché quello ordinario è abitudinario, legato a vecchi schemi, sopratutto legato all’uomo esteriore.

L’uomo interiore, l’uomo nuovo, ha un nuovo modo di pensare, di sentire, di agire.

Per questo la conversione è ORA, riguarda il mio “CHI sono”. Partendo dal riconoscimento di “COSA sono”.

Nelle parabole sono descritti vari tipi di individualità. Di volta in volta posso riconoscere caratteristiche che mi sono proprie, oppure che ho riconosciuto in altri.

Facile dedurne che è molto importante l’osservazione, senza giudizio, delle altre persone: si imparano aspetti nuovi, di sé e degli altri, se non c’è giudizio e tanto meno condanna.

Prima si impara ad osservare se stesso, poi, per Grazia, anche gli altri. Non per merito. Ma scoprire se stesso è talmente vasto, da occupare molto e molto spazio-tempo.

“Non conformatevi a questo mondo” è abbastanza chiaro: richiama la magnifica espressione di Gesù: “Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.”

E’ abbastanza evidente il significato: non significa ritirarsi sulla cima del monte, da cui bisognerà scendere, ma non essere identificati con il mondo esteriore.

Lasciare spazio anche al mondo interiore.

“Lasciatevi trasformare”.

Ulteriore passo avanti: se si crede e si dà spazio al proprio mondo interiore, questo spazio silenzioso trasforma l’individuo.

Ci va molta fiducia.

Bisogna fidarsi, per lasciarsi trasformare.

Da chi? Chi mi trasforma? E in che cosa mi trasforma? Ampie questioni….

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